I primi orologi automatici erano “calibri” da tasca che si
ricaricavano tramite una massa oscillante attivata dalla
deambulazione del proprietario e/o dall’estrazione e rimessa nel
taschino stesso dopo la consultazione dell’ora. E’ ovvio che
l’autonomia di tali orologi lasciava a desiderare e bisognava
provvedere spesso “aiutando” il sistema di ricarica a realizzare
il suo compito.
Oggi nei moderni orologi da polso la massa oscillante non esiste
più. E’ sostituita dalla più efficace massa rotante a forma di
settore circolare. Ad ogni movimento del polso, la massa ruota
attorno al proprio asse e, attraverso una serie di ingranaggi
aggiunti, trasmette la sua energia al bariletto della molla di
carica. Onde evitare sovraccarichi o rotture, dovuti ad eccessi
di carica, la molla è dotata di un dispositivo che limita la
ricarica stessa.
Molti ci domandano:
- Quanti sono i sistemi di ricarica e quali i migliori?
- Quanto tempo deve essere indossato un automatico affinchè resti
sempre carico?
- Come fare per tenere comunque carico al meglio un automatico,
anche non indossato?
Rispondiamo volentieri dicendo subito che sopravvivono oggi due
sistemi di ricarica, rinviando per tutte le altre tipologie e la
loro trattazione analitica alla n/s opera storico/monografica
citata in altra sezione. Essi sono:
Monodirezionale - il rotore ricarica la molla motrice con
rotazione utile in un senso solo, mentre nell’altro gira a
vuoto.
Bidirezionale - il rotore ricarica con rotazione utile in
entrambi i sensi, grazie all’inserimento di ingraggi
invertitori.
Per quanto attiene il tempo in cui si indossa l’orologio, la
misura dello stesso non dà la risposta definitiva, essendo la
ricarica completa dell’automatico anche in relazione al tipo di
attività fisica che svolge il proprietario. In parole povere è
fin troppo ovvio che un automatico al polso attivo del tennista
mentre svolge la sua attività, raggiungerà la sua carica massima
in molto minor tempo di quello che sta al polso di un impiegato,
fermo davanti alla sua scrivania per 8 ore, o quasi...
Per rispondere compiutamente alle domande che, solo in apparenza
possono sembrare banali, occorre svolgere diversi test, a volte
complessi – come quelli fatti, ad esempio, dal C.I.C.O.M. -
poiché le case costruttrici sono avare nell’illustrare in
dettaglio le loro scelte tecniche. Quanti ad esempio conoscono il
tipo, le caratteristiche tecniche analitiche e l’autonomia reale
del movimento montato nel proprio orologio? Ognuno può rispondere
in tutta sincerità!
Parlando dei sistemi di ricarica, occorre inoltre far maggior
chiarezza e dire che entrambe le scelte riguardanti i sistemi
hanno dei pro e dei contro.
La ricarica bidirezionale è senz’altro più efficace della
monodirezionale perché sfrutta ogni movimento del rotore in
entrambe le direzioni, però è più costosa da realizzare. Non
è detto che sia la migliore in ogni condizione, altrimenti si
sarebbe comunque imposta sull’altra (vedi gli altri sistemi ora
obsoleti). A parità di massa del rotore infatti, il
tennista dell’esempio di prima, col sistema bidirezionale impartirebbe
una ricarica addirittura eccessiva al suo orologio,
costringendo la molla motrice ad uno slittamento frequente
all’interno del bariletto.
Col sistema monodirezionale l'usura sarebbe inferiore, anche se
la ricarica
sarà sempre piuttosto energica! Allora ci dobbiamo chiedere: quale
tipo di ricarica
avrà
l'orologio del nostro amico tennista e
quale frequenza avrà il suo movimento? E’ importante saperlo,
se vogliamo avvicinarci a come vanno le cose in realtà:
Se il bilancere oscilla a 36.000 A/h, ovvero la massima frequenza
oggi in commercio negli
orologi automatici, dobbiamo dire che, con entrambi i sistemi
di ricarica, l’orologio sarà sicuramente sempre al massimo delle
sue “forze”.
Ma lo stesso orologio, trasferito al polso
dell’impiegato (o comunque di chi non fa molta attività fisica), avrà invece più probabilità di fermarsi
improvvisamente per mancanza di energia e percentualmente più con
un sistema, rispetto all'altro!
Volendo sorvolare su ogni ulteriore
considerazione, la conclusione più spicciola
è:
chi svolge attività sedentaria o scarsa attività fisica in generale,
con pochi movimenti del polso e
vuole utilizzare un automatico, per evitare di averlo frequentemente
scarico, è bene che si orienti sul
movimento che adotta la ricarica bidirezionale e il cui bilancere
non abbia una frequenza molto alta di oscillazione.
Dovrà quindi
cercare
sul mercato un
tale tipo di orologio, dovrà farsi spiegare correttamente le caratteristiche
tecniche e
anche garantire la sua
autonomia minima (non tanto quella massima) e, infine, dovrà anche
piacergli
l'orologio e lo stesso rientrare nel suo budget, o no? Ci riuscirà?
Ne dubitiamo fortemente, nel frattempo ha tutta la
nostra comprensione. Male che vada, con l’orologio fermo al
polso, prima di cambiare attività, continui a leggerci...
Riassumiamo le principali variabili tecniche che influenzano la corretta
ricarica dell’orologio automatico. Esse sono:
- Tipologia di ricarica adottata
- Tipologia del movimento e sue complicazioni (che assorbono
energia per funzionare...)
- Frequenza/alternanze del bilancere (più elevate sono, più è
“dura” da ricaricare la molla motrice, per far fronte al maggior
consumo energetico, un pò come con le auto "da corsa"...)
- Stato di usura del movimento, sua corretta lubrificazione,
manutenzione ed eventuali possibili difetti congeniti
Conoscendo esattamente quanto sopra, occorre aggiungere variabili
non ben determinabili quali:
Il tipo di attività del proprietario dell’orologio, la
frequenza dei movimenti e l’accelerazione degli stessi, compiuti
dal suo polso.
Occorre anche sapere poi:
- Che non esiste un orologio automatico che non possa scaricarsi
mai, e che non possa farlo proprio quando non ce l’aspettiamo,
anche se si chiama “perpetual”
- Che ogni orologio meccanico, pur se la costruzione oggi è
altamente automatizzata, può differire dal suo simile anche
lievemente ma, questo può fare già la differenza
- Che bisogna tenere in giusto conto quanto dicono sulla
ricarica i libretti delle case (di solito del tutto generici),
ma soprattutto quanto asseriscono nel merito gli amici
“esperti”, perché tali consigli sono la
maggior parte delle volte non risolutivi o addirittura pericolosi
per l'integrità dei movimenti!
Poichè quanto viene dichiarato per gli orologi in commercio è uno
“standard” di media generica, al proprietario non resta altra
scelta che misurare quella reale ed effettiva del suo personale
orologio!
Dobbiamo infine, per completare il quadro, anche accennare ad una possibilità
“casereccia”, a cui qualcuno ricorre, spinto dal timore o dallo
sconforto dell’inopinato arresto del suo automatico: la ricarica
manuale.
Consigliamo di procedere in tal senso (solo se indispensabile)
con la massima
prudenza e vi
spieghiamo i motivi.
Il meccanismo automatico, di solito,
non gradisce molto
tale operazione perche' i piccoli ingranaggi deputati alla
ricarica, che sono ampiamente dimensionati nel manuale, nel
nostro, sono molto più sottili, delicati e comunque non atti a
trasmettere coppie di sforzo alte e a sopportare continui stress
provocati dalla rotazione manuale della corona, aggravati anche
dalle possibili torsioni
dell’albero di carica!
Attenzione quindi!
Occorre evitare rotture o spiacevoli
bloccaggi, sempre in agguato. La loro costosa riparazione farà
seriamente
riflettere se ne valeva veramente la pena!
Quindi MAI
utilizzare come abituale tale sistema. Lasciate al rotore il compito di
fare il suo dovere e a noi il compito delle ultime
considerazioni.
* Molti di noi hanno più di un orologio automatico e certamente
non li usano contemporaneamente!
* Gli automatici complicati inoltre, è bene che non si fermino, data la
loro complessità di regolazione dopo l’arresto
* In genere, se l’orologio sta molto tempo fermo, può accusare
in
seguito, maggiori difficoltà di precisa e stabile marcia e anche
maggior
usura. Ciò può a prima vista sembrare impossibile ma, occorre
sempre ricordare che il movimento, per funzionare correttamente,
deve avere i più bassi attriti interni.
Per rendere possibile
questo, vengono utilizzati dalle case, lubrificanti speciali,
il progressivo degrado dei quali, dovuto per esempio al non
utilizzo, contribuisce ad alterare la qualità
generale di marcia, senza voler scendere in ulteriori dettagli...
Quando qualcuno ci dice che il suo automatico improvvisamente non
marcia più con la precisione originale, per un utilizzo
discontinuo, le cause probabili sono da ricercarsi in quanto
esposto.