Normalmente alla sera togliamo l’orologio e lo appoggiamo sul
comodino (o comunque su un piano). Adagiamolo con cura
orizzontalmente e col cinturino
disteso. Evitiamo di sistemare l’orologio in equilibrio precario
o in posizioni strane che potrebbero influire sulla precisione di
marcia ed evitiamo al cinturino brutte pieghe. Ogni mattina
carichiamolo (comunque ogni 24 ore), anche se disponiamo di maggiore
autonomia (es. 48
o più ore), perché la molla si scarica in modo omogeneo ed
ottimale per le prime 18 o 36 ore (a seconda del tipo). Oltre
tale tempo, si possono manifestare indesiderate irregolarità di
funzionamento e variazioni della costanza di marcia. Se operiamo con
queste attenzioni,
l’orologio avrà il massimo della carica durante il giorno,
quando – indossato – subirà le maggiori sollecitazioni esterne,
quali : urti accidentali, movimenti bruschi, vibrazioni, ecc...
L’operazione di carica e dell’eventuale rimessa all’ora richiede
qualche accortezza, per il bene del n/s amato segnatempo.
1) Carica: evitiamo, come purtroppo fanno molti, di effettuarla
ruotando avanti e indietro la corona. Non serve a nulla e
contribuisce ad aumentare l’usura del cricchetto e dei minuscoli
ingranaggi di carica. Ruotiamo quindi la corona solo in avanti e
delicatamente, fermandoci non appena sentiamo resistenza. Se
insistiamo, fornendo una coppia di carica esagerata all’asse,
provocheremo: o la rottura della molla motrice o degli
ingranaggi menzionati, oppure dell'asse stesso. Qualora andasse
proprio bene, non potremo
evitare di “ribattere”, ovvero di accelerare il bilancere,
sollecitando in modo anomalo l’ancora, le pietre e la ruota di
scappamento.
Addio alla precisione e alla costanza di marcia!
2) Rimessa all’ora: Evitiamo assolutamente di operarla con
l’orologio al polso. Se eventualmente lo abbiamo già indossato,
togliamolo. Procedendo comunque al polso, rischiamo di
danneggiare o rompere l’asse di carica perché applicheremo
sollecitazioni non assiali allo stesso e non previste dalla
fabbrica costruttrice. E’ particolarmente importante questa
avvertenza per gli orologi d’epoca! Attenzione quindi,
estraiamo
la corona di carica con delicatezza e senza forzarla.
Teniamo
saldamente con una mano l’orologio, per evitargli possibili
cadute o urti, col dito medio (o indice) e il pollice dell’altra,
agendo in
contrapposizione, per modulare la forza e i carichi tangenziali,
operiamo l’estrazione. Se incontriamo resistenze, ruotiamola
di ½ giro o di 1 giro completo, per cercare il miglior allineamento dei denti
degli ingranaggi. La corona si estrarrà con facilità.
Attenzione anche al gioco o al rapporto di demoltiplica delle
ruote sui cui assi sono calettate le lancette, dovuto
rispettivamente ad usura (orologi d’epoca in particolare) oppure
a scelte tecniche del produttore. In conseguenza di ciò, potrebbe
manifestarsi una spiacevole accelerazione o impuntamento della
lancetta dei minuti. Toccando la corona, si può così spostare
vistosamente la lancetta stessa, rendendo problematica l’accurata
regolazione.
E’ bene quindi, per evitare l’inconveniente, far
oltrepassare alla lancetta la posizione desiderata,
retrocedendola poi fino a che indichi l’ora esatta. A volte, se
gli attriti interni sono sufficientemente alti, nel fare tale
operazione di retrocessione può anche accadere che la lancetta
dei secondi si arresti, assieme al bilancere, fermando
l’orologio. Nessun problema.
Dopo che abbiamo accertato quanto
sopra, lo terremo nella dovuta considerazione, procedendo come
segue: effettuata la carica e la rimessa all’ora esatta se,
rilasciando la corona, la lancetta dei secondi (e il bilancere)
non ripartono subito, ruotare senza violenza,
in modo
orizzontale, da sinistra verso destra l’orologio, dopo aver
fatto rientrare la corona in posizione di riposo.
In alternativa, possiamo anche
agire con dolcezza sulla corona stessa (rientrata), come nell’atto
di carica, con
una piccolissima rotazione, rilasciandola subito, per evitare
sovratensioni alla molla. Normalmente queste ultime operazioni
non sono necessarie, ma le abbiamo lo stesso descritte, perchè se
ci accorgiamo che dobbiamo ricorrervi sempre più spesso e che
tutto quanto risulta
difficoltoso o in genere, ci sembra che non avvenga in modo
corretto, non aspettiamo a far revisionare l’orologio: eviteremo
sicuramente maggiori costi e dispiaceri dovuti a rotture
impreviste.
Una riprova di mancanza di lubrificazione, attriti
anomali, usura, ecc...,la possiamo avere contando – ad orologio
fermo e scarico – quanti giri di corona sono necessari affinchè
inizi a marciare. Normalmente 3/4 giri sono sufficienti per la
messa in marcia. Se servono molti giri in più o necessita
raggiungere il massimo della carica affinchè l'orologio si metta
in marcia, è
bene portarlo dal tecnico! (a questo
punto, ci siamo per caso accorti, che non marcia con sufficiente
costanza o precisione?)
3) L’orologio indossato: dopo averlo caricato e rimesso
all’ora (se necessario), finalmente lo indossiamo.
Fissiamolo bene al polso col suo cinturino
(o col bracciale metallico). Non dobbiamo però stringerlo troppo,
per evitare a noi problemi di circolazione...sanguigna e al cinturino un
logorio prematuro (attenzione così facendo: pericolo di rottura
del cinturino, della fibbia (ardiglione), uscita o rottura delle
anse di fermo, con l’ovvia
caduta improvvisa e la possibile perdita dell’orologio...non tiriamo mai
in modo eccessivo il cinturino, anche per allacciarlo...).
Non dobbiamo però nemmeno tenerlo troppo lento, per
evitargli torsioni, continue trazioni, urti e vibrazioni
indesiderate (nel bracciale metallico, questo è il modo
migliore per danneggiarlo e provocare l’allentamento delle maglie
e quindi
laschi spiacevoli non recuperabili, che compromettono anche i
perni...).
Le operazioni descritte, anche se possono sembrare banali
non lo sono per nulla. Ne abbiamo viste fare in merito
“di tutti i colori”! Ricordiamoci che basta a volte solo un po’
di buon senso e un minimo di cura, per perpetrare a lungo nel
tempo l’atto di amore che facciamo ogni giorno, fornendo al
nostro caro e inseparabile amico meccanico l’energia vitale di
cui – anche lui come
noi – abbisogna.