Verso gli orologi meccanici...
|
TORNA A PAGINA PRINCIPALE STORIA
Alla fine dell’anno 1000, in Cina il Mandarino Su Sung progettò e
costruì una grande torre astronomica segnatempo. Realizzata il
legno e alta oltre 9 metri, indicava la posizione delle stelle,
del sole e – innovazione importante – batteva le ore e le
frazioni d’ora con congegni meccanici!
Da questo momento in poi e
potremo dire di invenzione in invenzione, perfezionando e
migliorando, si giunge alla metà del 1200. In questo periodo,
pare proprio che i monaci avessero risolto i problemi, legati al
passare del tempo. Il loro tipo di vita, governato da ritmi e
tempi precisi, era quello che maggiormente necessitava di
regolazione o “temperazione”, come si usava dire allora. Nelle
loro giornate si susseguivano infatti i tempi dei riti, tempi di
preghiere, tempi di lavoro, tempi del sonno, ecc... Serviva
qualcosa che scandisse la durata di queste azioni e “l’orologio”
cominciò a prendere forma. Si ha infatti notizia della
costruzione di un primo “svegliatoio monastico ad acqua”.
Nella
sua descrizione si parla di un quadrante graduato, di ruote
dentate per i suoni (emessi da piccole campane a ciò sollecitate
da martelletti che le percuotevano), di una catena con peso
collegato e di un galleggiante posto in un recipiente contenente
acqua di cui si variava il livello (tipo l’orologio di Ctesibio...).
Da questo “archetipo” si sviluppò in seguito un altro svegliatoio
più semplice e più perfezionato: quello ad azionamento totalmente
meccanico. Non più la forza dell’acqua, bensì la costante forza
di gravità, che si esercitava tramite opportuno peso, legato a
una corda avvolta su un tamburo rotante, iniziò ad azionare
questi svegliatoi. Il tamburo ruotando, sollecitato a ciò dalla
corda che si svolgeva, muoveva le ruote ad ingranaggi a lui
collegate.
Svegliarino monastico meccanico
Fu necessario però inserire “qualcosa” che impedisse l’immediato
srotolamento e la conseguente velocissima rotazione incontrollata
del tamburo e degli ingranaggi, che avrebbe segnato non più il
tempo, ma solo la fine prematura dello strumento!
Nacque così il primo tipo di “Scappamento”.
Una barra a bilancere con dei pesi agganciati, regolabili dal
centro alla periferia della stessa (per rendere l’idea pensiamo
al peso della stadera), in seguito detta foliot, rendeva lenta e
costante la rotazione del tamburo e degli ingranaggi del “treno
del tempo”. Sull’asse verticale del bilancere vi erano delle
palette che arrestavano e liberavano (lasciavano “scappare”)
ciclicamente i denti della ruota (conformata a denti di sega e
detta caterina) calettata sull’asse su cui agivano i detti
ingranaggi.
Agli svegliarini monastici, per il loro utilizzo forzatamente
semplici, costituiti nella maggioranza da tre ruote, due pignoni,
una campanella, oltre al sistema di scappamento e che – si
dice – sbagliassero almeno di un’ora al giorno, fecero seguito i
grandi orologi meccanici da torre e da campanile, dotati anche di
notevoli complicazioni astronomiche e di automi, meraviglia della
meccanica di allora e che ancora oggi lasciano esterrefatto il
pur evoluto visitatore.
Comincia quindi l’affascinante storia dell’orologeria meccanica.
L'orologio da torre di San Marco a Venezia
Quali sono le premesse affinche' tutto ciò avvenga? Facciamo mente
locale tornando indietro nei secoli. Se pur molto lentamente
(per noi oggi), il mondo di allora si evolve. In Europa l’era del
mondo romanico si conclude per lasciar posto al periodo
medievale, basato all’inizio, per la quasi totalità, sulla difesa
e sull’agricoltura di sopravvivenza e permeato di religiosità in
ogni sua manifestazione. Il tempo era regolato dal trascorrere
delle ore canoniche, riconosciute dalla Chiesa e che regolavano
gran parte della vita delle comunità monastiche.
Successivamente le città diventano centri importanti di
accentramento, di commercio, di cultura e conoscenza. Artigiani e
mercanti si dividono le proprietà fondiarie cittadine, mutando
anche l’organizzazione civica e gli edifici stessi. Parte delle
ricchezze conseguite con le proprie attività dalla borghesia,
che aveva una propria cultura (erano arrivate le Università!) e
un definito senso dei valori economici, furono usate per
realizzare opere che potessero dimostrare il prestigio di chi le
costruiva, oltre che per meglio salvaguardare il patrimonio
stesso. Ecco quindi che tutto ciò che prima si poteva definire
appannaggio quasi esclusivo delle religioni, chiese e monasteri,
in città divenga ora appannaggio principale delle stesse famiglie
borghesi, anche in antitesi con la Chiesa (potremo definirlo
l’archetipo di concorrenza….).
Se prima gli orologi battevano le
ore in pratica solo per i monaci, ora devono servire a segnare le
ore per tutti, quindi non più solo le ore canoniche, ma il tempo
con tutte le ore utili. Con la grande ripresa della produzione
artigianale e dei commerci, si afferma quindi la necessità di una
misura del tempo oggettiva e immutabile, valida in ogni stagione
ed indipendente dalle esigenze ecclesiastiche. Un tempo cioè,
precisamente calcolabile, organizzabile, comperabile e vendibile.
Tali ore devono essere visibili da lontano e deve essere udibile
il loro rintocco nelle case, nelle piazze e nei campi, per
scandire i ritmi delle varie attività. Ecco quindi che ai primi
orologi che suonavano soltanto, si succedono quelli che mostrano
prima un quadrante unico e successivamente quattro, per essere
leggibili da ogni lato. Ma non era ancora sufficiente. Artigiani,
mercanti, insegnanti, pittori, artisti e musici, guerrieri,
nobili e viandanti e tutti coloro che in genere potevano
permetterselo, viaggiano e si spostano sempre più frequentemente.
Vengono così diffuse: storia, avvenimenti e ogni tipo di
conoscenza, oltre naturalmente alle merci, inizialmente barattate
e in seguito commerciate.
Nasce così la necessità di conoscere in modo autonomo il
trascorrere del tempo. Per questi motivi, nel successivo periodo
rinascimentale, non basterà più solo l’orologio da campanile o da
torre, "rimpicciolitosi" nel frattempo, dando origine all' orologio
da muro o da tavolo, ma servirà anche un orologio personale. Un orologio da
portare con sé durante i viaggi, dapprima appeso all’interno
della carrozza, poi da tenere sulla persona, legato al collo con
una catenella o contenuto in una sacca, da appendere alla
cintura.
L’evoluzione però continua inarrestabile e a questi primi
pesanti, imprecisi e potremo dire ora, scomodi e ingombranti
orologi “portatili”, si migliorano i congegni meccanici, se ne
riducono dimensioni e pesi, tanto che gli stessi, non più grandi
del palmo di una mano, possono essere contenuti in un taschino.
Con ulteriori sforzi di miniaturizzazione e continuo
perfezionamento, senza però mai stravolgere la basilare
“organizzazione meccanica”, si giunge infine all’
orologio da portare al polso.
Così anche l’uomo giunge “in orario” ai nostri giorni...e
l’evoluzione dell’affascinante orologio meccanico continua
ancora….
T O P
©La riproduzione totale o parziale del sito senza autorizzazione è vietata
|